Narcolessia


Narcolessia 1

 

Non pago d’occhiate soverchie,

quel bischero d’un Alighiero

s’accasciò n’un sacco di cicerchie.

 

Ho voluto immaginare, con questa terzina indegna frutto della mia fantasia,

un pensiero di Beatrice. Giovane donna ormai sposata, incontra Dante per

le vie di Firenze e questo, preso dall’emozione, ha un mancamento e deve

appoggiarsi a un sacco colmo di fagioli in vendita presso un banchetto.

Se lo scarto tra adolescenti maschi e femmine, come ai nostri giorni, vede

queste ultime nettamente più mature a confronto dei loro coetanei, ai

tempi di Dante questo divario era oltremodo amplificato dall’uso frequente

di maritare le figlie poco più che bambine.

Ma ho voluto qui immaginare il giovanissimo innamorato sopraffatto non

solo dai turbini di una nobile infatuazione, bensì da quello che diversi

ricercatori sono ormai propensi a indicare come un vero e proprio disturbo.

Ma andiamo con ordine.

 

Io non so ben ridir com'i' v'intrai,

tant'era pien di sonno a quel punto

che la verace via abbandonai.

 

Così incomincia la Comedia di Dante Alleghieri di Fiorenza, ne la quale

tratta de le pene e punimenti de’ vizi e de’ meriti e premi de le virtù. In

questa, e in diverse altre terzine, alcuni ricercatori hanno individuato chiari

indizi della presunta narcolessia del Sommo.

Non sono un esperto in merito ai disturbi del sonno e cercherò di

sintetizzare le informazioni su questa patologia che ho potuto raccogliere.

La narcolessia consiste in un disturbo neurologico, caratterizzato in primo

luogo da una eccessiva sonnolenza diurna, dalla manifestazione nella veglia

di alcuni fenomeni fisiologici tipici dell’assopimento (movimenti oculari

rapidi), cataplessia, paralisi da sonno e allucinazioni ipnagogiche.

Se l’assopimento improvviso di Dante può essere spiegato come un

intelligente stratagemma poetico, c’è chi ritiene sia un chiaro segno della

narcolessia con la quale conviveva. I sostenitori di questa tesi vanno ben

oltre, individuando altri chiari e a detta loro inequivocabili sintomi.

La chiusura del quinto canto dell'Inferno, quello dell’emozionante e

appassionante racconto di Paolo e Francesca, è in quest’ottica ancora più

esplicita.

 

Mentre che l’uno spirto questo disse,

l’altro piangea; sì che di pietade

io venni men così com’io morisse.

E caddi come corpo morto cade.

 

Qui oltre all’improvviso emergere della sonnolenza, gli esperti hanno

riconosciuto i chiari segno della cataplessia. Questa è descritta come quel

disturbo che causa una perdita del tono muscolare ed è solitamente

provocata da forti emozioni. La cataplessia può essere di diversa entità ed

essendo improvvisa può provocare cadute e paralisi, protraendosi nel

tempo da pochi secondi fino a trenta minuti circa. E chi la subisce rimane

spesso del tutto cosciente di ciò che nel frattempo sta accadendo attorno a

lui.

Per un altro esempio illuminante individuato dai sostenitori di questa tesi

occorre ritornare al primo canto dell'Inferno, all’incontro con la lupa e alla

richiesta di aiuto a Virgilio:

 

Vedi la bestia per cu' io mi volsi;

aiutami da lei, famoso saggio,

ch'ella mi fa tremar le vene e i polsi».

 

Come non riconoscere, nel tremar le vene e i polsi descritto da Dante, un

chiaro indizio di cataplessia.

Per concludere questo breve excursus sulla presunta narcolessia del

Sommo poeta, che meriterebbe un approfondimento specifico, non si

possono ignorare le molte terzine che sembrano descrivere vere e proprie

allucinazioni ipnagogiche. Lasciando al sagace lettore il gusto di cercare

questi indizi nella Commedia, mi limiterò a sintetizzare in cosa consistono.

 

Per l’Associazione Italiana Narcolettici e Ipersonni le allucinazioni

ipnagogiche sono delle “Esperienze intense e vivide che possono coinvolgere

diversi organi sensoriali tra cui vista, tatto, udito e verosimilmente

avvengono nella stragrande maggioranza dei casi durante una paralisi del

sonno. Le visioni che si possono avere durante una paralisi solitamente sono

sensazioni forti, terrificanti e bizzarre, spesso inquietanti e possono durare

da alcuni secondi a diversi minuti”.

Non sapremo mai con certezza se il Sommo poeta fosse affetto da

narcolessia. Non sapremo mai se le terzine che richiamano i momenti

improvvisi di sonno, le repentine perdite di forze derivanti da forti

emozioni, le allucinazioni e i sogni a occhi aperti e il senso di paralisi siano

conseguenza di un disturbo del sonno o della geniale invenzione di Dante. A

noi rimane tutta la fondamentale e sconfinata potenza visionaria, allegorica

e didascalica del poema.