Lionello


Da un volume di fogli sparsi rilegato grossolanamente in spago rinvenni questo scritto, di mano fine

Quattrocento/inizio Cinquecento, copia di una memoria più antica, che vi propongo.

 

Quando lo sommo poeta, mirato dalli amici mei Joahanne da Certaldo e Francisco

aretino, fuggì Fiorenza per cercar fortuna in terra straniera, traversò innumeri valichi de’

monti Pennini, a lungo vagando in cerca d’asilo. Trovossi in molti lochi e, da una certa

carta pergamina custodita dal notaro Opizzone, pare che venne anche a li monti nostri, in

quel di Oramalla ospite del molto illustre marchione Malaspino, de’ quelli che in lontani

tempi ebbero voce anche nella nostra terra dertonina.

Niuno dixit se andò in Genua, ché fosse potrebbe essere transitato ancho da

Volasca, terra a me cara dove li parenti miei vissero lasciandomi una pezza di terra

boschiva. Volasca, o Augolasca ossia Agolasco che dir si voglia, che per certuno deriva il

nome dalla conformazione a gola di detta terra, invero per altri dovuto ad antichissimo

nome significante gran copia de aque, trovassi infatto su antica comoda via mulattiera che

da Terdona sale a Sarzano per sicuro costiolo, eppoi da Volasco, per monte Rubeo,

scende a castro Ramero et Sorli, guardata dal fiero castro vescovile che veglia la

chiesuola de santo Laurencio, pe’ poi avanzare nelle terre de’ gateschi genovesi, terre

rifugio de banditi dal Ducato e latrones al soldo de li dannati Flieschi.

Ma, per ritornar allo loco de Volasca, terra solatia con picciol castello un poco

diruto, ché li domini suoi trasferitesi sono in Dertona ad esercitar l’arte notara, ove v’è

oratorio dicato a santo Nicolao, che festeggiasi dopo vendemmia ottobrina, pur se per cura

animarum dipende da santo Petro de Pallenzona che ha vasto dominio su molti luochi

d’attorno. Volasca, piccole case in preda d’Ausona, è coronata da boschi di roveri et

castagni et carpri ameno pascolo per bovi, porci et pecudes. Poca la terra coltiva a segala

e spelta, a fatica roncata dalli boschi; ma faconda per lo vino rosso forte per le terre

bianche d’attorno, et un bianco rinomato presso li ill.mi Duchi de Mediolano, che in loco

chiamasi ‘timorassa’. Vino che, se lo divin poeta avesse saggiato, certo avrebbe ricordato

ne l’opere sue.

Ma qui mi fermo con li ricordi, ché il freddo tremar mi fa la penna.

 

Lionello de Auxona